Controvalore ed equo scambio
Attribuire un corretto valore alle cose
PERCHÉ PAGARE REIKI?
Perché pagare Reiki? Alcune persone, pensando al Reiki, collocano il metodo di Usui in un ambito spirituale e faticano ad accostare ad esso un prezzo che, ovviamente, è del tutto legato alla materialità. Queste persone, o in modo educato o in modo aggressivo, chiedono perché si debba pagare il Reiki. Perché si deve pagare il pane? Perchè si deve pagare il parrucchiere? Perché si deve pagare per avere un paio di scarpe? È ovvio, perché a monte di un prodotto o di una prestazione c'è il lavoro di una persona che a sua volta deve guadagnare per vivere.
Funziona così nel nostro sistema socio-economico. Non solo: profondamente radicato nell'immaginario collettivo c'è il concetto che più una cosa costa, più vale, meno costa, meno vale. Se poi è gratis diventiamo facilmente diffidenti.
Siamo stati educati a dare valore alle cose in termini di denaro. E poiché il denaro è il mezzo di scambio più largamente diffuso, pagare per avere qualcosa è il modo che abbiamo per valorizzare non solo la cosa che compriamo, ma anche la scelta di comprarla.
Tirare fuori dalle proprie tasche il giusto controvalore è il modo concreto che abbiamo per manifestare l'interesse per la cosa acquistata, e il nostro impegno per averla. Certo c'è differenza tra un controvalore "giusto" e una speculazione arbitraria.
Ma regalare un seminario Reiki o un trattamento Reiki sarebbe nella maggior parte dei casi un errore, in quanto non responsabilizzeremmo chi riceve questo dono e, in fin dei conti, in qualche misura gli mancheremmo di rispetto. Ogni persona ha il diritto di potersi sdebitare per ciò che riceve. Il senso del debito può essere un pesante fardello e l'anticamera per future manipolazioni.
Laura Fezia, insegnante di Reiki, giornalista e scrittrice, dando un contributo a questo scottante tema dice che «accade la stessa cosa con gli animali: non regalate MAI dei cuccioli! Fateveli pagare, magari una cifra modesta, in proporzione alle possibilità reali di chi ve li chiede: avrete una piccola assicurazione in più che quella bestiolina non farà una brutta fine! Per ciò che riguarda i trattamenti, il discorso è molto semplice: facendoli pagare non si rischia di creare dipendenze. Il compito di ogni maestro di Reiki dovrebbe essere quello di insegnarlo, non di eseguire trattamenti…
Reiki va pagato come ogni strumento prezioso. Difficilmente troverete chi vi tira dietro gratis una lavatrice nuova di zecca o un'automobile o un computer: se volete procurarveli, vi tocca aprire il portafogli e contribuire in tal modo allo scambio. Punto e basta: non ci sono altri motivi! Se ritenete che il benessere di corpo, mente, emozioni e spirito non debba avere un prezzo, fatene a meno: ma allora smettete anche di andare in palestra, al cinema, al centro estetico, dal parrucchiere, dal medico, a giocare a tennis, a fare viaggi, di acquistare libri e CD, di fare la spesa. ecc…!
C'è chi è stranamente convinto che coloro che si occupano di qualcosa che ha a che fare con il benessere (fisico o spirituale che sia) debbano lavorare gratis: se non lo fanno né il parroco, né il medico, perché dovrebbe farlo un master Reiki? Dici che il tuo parroco non ti ha mai chiesto una lira e nemmeno il tuo medico dell'antica "mutua"? E l'otto per mille alla Chiesa cattolica che versi con la dichiarazione dei redditi? E la quota che paghi al (dis)servizio sanitario nazionale?
Nulla è gratis, nemmeno ciò che sembra…» (Laura Fezia)
E se vi capita di trovarvi di fronte all'opportunità di scegliere voi il "giusto" controvalore per ciò che ricevete nel Reiki, ricordatevi che l'energia è gratis in quanto prezioso dono dell'universo, ma l'insegnante di Reiki ci dà il suo tempo, la sua competenza, la sua professionalità, tutti fattori acquisiti in anni o decenni di corsi di formazione certo non gratuiti. Inoltre, l'insegnante paga poi l'affitto di un centro atto a condurre in modo appropriato dei seminari.
E l'insegnante può continuare a fare come si deve il suo lavoro, magari a tempo pieno, garantendo così maggiormente il fruitore, proprio perché riceve un controvalore che gli permette di vivere.
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