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il massimo esperto mondiale di interferenza aliena (ufo abduction)

 

mondi reali
e mondi virtuali

di CORRADO MALANGA

 

 

«Gli uomini si sono da sempre chiesti se ciò che li circondava fosse realtà o fantasia. Viviamo in un sogno opera di un dio creatore, o forse di noi stessi, oppure viviamo in una realtà effettiva? Che differenza esiste, allora, tra sogno e realtà? Se il sogno fosse la fantasia della fantasia? Come uscire da questo dilemma e perché angosciarsi con una domanda simile? A prima vista potrebbe sembrare anche una inutile perdita di tempo. Invece, in questi giorni, la domanda diventa estremamente attuale per diversi motivi, sia di stampo prettamente sociologico che di stampo puramente fisico.

Da un punto di vista sociologico ci troviamo ad affrontare problematiche di vita che ci vedono sempre più spesso costretti a fare cose che non vogliamo, a subire interventi di padroni indesiderati, a sentirci, insomma, non all’altezza di vivere un’esistenza normale e senza problemi. Dunque il nostro subconscio, sempre alla ricerca di scappatoie che rendano la nostra vita più sopportabile, ha cominciato (da secoli) a pensare che, tanto, è tutto finto. Così non ci si dovrebbe preoccupare della sofferenza, poiché è finta. Si tratterebbe, infatti, di un sogno nel quale noi saremmo pedine o, se volete, personaggi, forse dotati di capacità decisionale o forse no. Così pensando si garantirebbe la nostra esistenza, poiché, se esiste un sogno, esiste anche un sognatore e, se noi fossimo gli artefici del sogno, saremmo vivi e reali, esisteremmo ed avremmo anche la certezza di poterci, ad un certo punto, svegliare, magari in un’altra dimensione, consci di aver noi stessi deciso di far parte di quel sogno. Saremmo noi ad aver deciso, a monte degli eventi e per mezzo di un nostro atto di volontà, di partecipare al gioco del sogno.

Se le cose stessero così saremmo salvi: salvi dal dolore fisico provato nel vivere questo sogno, perché sapremmo che si tratta di dolore fisico finto, salvi dalla paura, perché anch’essa sarebbe creata dal meccanismo del sogno, salvi, infine, dalla morte, perché non si morirebbe ma ci si sveglierebbe… Magari, dopo esserci riposati, in un mondo in cui è consentito soltanto non far niente oppure sognare, per non annoiarci potremmo decidere di risognare un’altra esistenza, facendo, così, esperienze virtuali, ma consci del fatto che, in realtà, non ci può succedere nulla. La forza di questo modello ipotetico sta proprio nel fatto che, alla fine, non si muore, ma si vive in eterno: un gioco che, se vissuto realmente, sarebbe troppo pericoloso per chiunque, anche per gli dei. Una variante a questa ipotesi è costituita dal fatto che non sia tu a decidere di sognare, ma un tuo superiore: qualcuno che si potrebbe definire “creatore” della tua razza e che si divertirebbe a sbatterti in un cosmo-computer, costruendo strategie per farti morire o sopravvivere e replicare te stesso.

In questo caso le faccende sarebbero più tristi, perché tu non saresti il vero giocatore, ma semplicemente una pedina dalla coscienza limitata all’universo artificiale del gioco. Tu esisteresti perché esiste il gioco. Al di fuori del gioco esisterebbe solo il creatore del gioco stesso. Il dio creatore non si annoierebbe, perché noi lo faremmo divertire. Probabilmente il dio ci avrebbe creato anche a sua immagine e somiglianza, per vedere se egli stesso sarebbe capace di cavarsela di fronte a tutti gli imprevisti di una vita vera. 2 Il dio sarebbe, in tal caso, un vigliacco, incapace di porsi al centro dell’Universo, e sacrificherebbe degli esseri da lui creati, ma privi libero arbitrio, in un incredibile gioco galattico. Il dio di turno, il progettista del gioco cosmico, si nutrirebbe delle nostre emozioni e sarebbe sua cura porci nelle situazioni più disperate, per vedere da un lato come le sue creature se la cavano e, dall’altro, per ottenere emozioni vitali in contrapposizione alla sua noia infinita.

Alcuni film come “Matrix” ed altri sono prodotti, a nostro avviso, da un subconscio collettivo, incerto sulla realtà umana, talmente incerto da credere, per salvarsi, di essere in un gioco dal quale alla fine si può uscire oppure, ancora più disperatamente, di essere manovrati da altri e quindi sperare: 1) di finire presto il gioco, che potrebbe trasformarsi in tortura; 2) di essere deresponsabilizzati per tutte le malefatte compiute (se le malefatte fossero virtuali noi non avremmo, infatti, vera colpa, ma solo colpa virtuale). Si potrebbe facilmente dire, come fanno diversi musulmani (ed alcuni cattolici): “Se io ammazzo qualcuno, non sono stato realmente io, ma Dio: se Lui non avesse voluto, infatti, avrebbe fermato il mio braccio, ma siccome io ho ammazzato qualcuno, ciò è avvenuto per volontà di Dio.” Sembra che, attualmente, sia aumentata l’esigenza degli esseri umani di credere di essere immersi in una realtà virtuale capace di deresponsabilizzarli e di non farli preoccupare del proprio futuro.»

 

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l'articolo del dr. Corrado Malanga
MONDI REALI E MONDI VIRTUALI

 

 

 

 

 

 

 

 

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